Vai al contenuto
Il server del mese è
Visita la nostra nuova lista server!

Archiviato

Questa discussione è archiviata e chiusa a future risposte.

ciuccio2000

Storie Personali!

Recommended Posts

ATTENZIONE
l'idea originale era quella di raccogliere qui direttamente le storie degli utenti, non i link delle storie degli utenti. purtroppo, ho scoperto ora l'esistenza di un limite di parole in una discussione, quindi ho dovuto cambiare metodo per evitare che le storie non si sviluppassero. mi scuso per l'inconveniente, se qualcuno vuole continuare la propria storia deve creare una discussione riservata a quella storia e passarmi il link, che postero' qui.

Un viaggio in auto molto lungo, un momento vuoto con il cellulare scarico, un'insonnia che non va via.
Il pensiero di avere molto tempo a disposizione, ma non saperlo come riempire.
La noia si insinua in ogni anfratto della mente, e l'idea di un lungo nulla porta ad istinti suicidi.

Ma io no.

Io son sempre riuscito a far fruttare questi momenti, pensando, creando, inventando. Inventando racconti che, a saper scrivere bene, passerei il giorno ad arricchire.

dunque mi chiedo: qualcuno ha fatto lo stesso?
Se la risposta è si, allora gli chiedo di aprire una discussione contenente la storia che da tanto cova con amore!

detto ció, do a voi la penna.
qui raccogliero' i link delle vostre discussioni.

LUCARIO98: http://minecraftital...re/#entry454774

HOWL: http://minecraftital...ca/#entry456262

MILURO: http://minecraftital...le/#entry456245

ATTENZIONE: nel caso qualcuno avesse scritto un capitolo della storia solo online, lascero' i racconti qui sotto ancora per un po', per copiare qualche pezzo del proprio racconto, ma presto dovro' eliminarli.

CIUCCIO2000


INFORMAZIONI GENERALI

la storia è ambientata in un futuro lontano, ma non troppo. Dopo la terza guerra mondiale, che distrusse gran parte della terra, le persone sopravvissute non seppero più che fare.
Quando, un giorno, un generale americano dotato di un buon numero di tecnologie esce da un bunker sotterraneo di massima sicurezza. A patto di stare alle sue regole, egli avrebbe donato protezione a chiunque lo avrebbe voluto. Altrimenti...
La gente si raggruppó in piccole città perfette, dove ogni cosa era sotto controllo. OGNI COSA. Ognuno aveva già programmata la propria esistenza, con chi sposarsi, che lavoro fare, ma anche piccole cose, a che ora alzarsi, che tragitto prendere per andare al lavoro.... E il potere del generale cresceva.
Inizialmente ci furono ribellioni, che peró vennero subito sedate.
Ora la gente è arresa, o addirittura non sa nemmeno cosa significhi resistere, avendo passato la vita da schiavo.
Un altro ostacolo alla rivoluzione sono i chip che vengono impiantati alla nascita di ogni individuo. Se il governo scopre un tentativo di combattere, un click e il soggetto è morto.
Ma c'è un gruppo esteso di persone che non lo accetta. Non si fa spaventare dai chip, dai soldati, dalle telecamere sparse ovunque.
Agiscono di notte, utilizzando uno dei trucchi più vecchi del mondo per non farsi scoprire: fingono di andare a dormire, un loro hacker genera un piccolo blackout di pochi secondi e loro ne approfittano per attaccare una foto sulla telecamera nella loro stanza, che li vedrà sempre dormire. Per evitare le sonde in città basta bardarsi bene.
Finita la nottata, altro piccolo blackout, si toglie la foto e si va a dormire, come se nulla fosse successo.



EPISODIO 1

suona la sveglia.
Un suono fastidioso, dannatamente fastidioso.
#265497 si sveglia a fatica, si stiracchia, sbadiglia.
Subito è accolto da una voce robotica: "buongiorno, soggetto 265497. Consumi la colazione entro le 7, si lavi entro le 7.30 e si diriga nel centro d'apprendim-bzzz..."
"si, si, sta' un po' zitta..." dice #265497 premendo il pulsante di spegnimento.
Si dirige in cucina.
Gli stessi cereali proteici del giorno prima sul tavolo, gli stessi che ci saranno anche il giorno dopo.
Li mangia assonnato, poi si reca in bagno.
Si spazzola i denti, si lava, si veste. Tutto maledettamente identico al giorno prima.
Prende un profondo respiro ed esce. Le giornate scolastiche sono ció che più odia, di quella città.
Il traffico scorre fluido sulle strade rettangolari.
Raggiunge in silenzio l'entrata del centro d'apprendimento.
"scansione in corso. Stia immobile, grazie. Scansione completata. Benvenuto, soggetto 265497, entri pure."
La porta si apre e lui l'attraversa. Raggiunge la classe, tutti i suoi compagni sono immobili, lo sguardo assente, ad attendere l'inizio della lezione.
Inutilmente, prova un "ciao, ragazzi..."
Come al solito, nessuna risposta.
Lo sguardo di #265497 si posa sul volto di #185203.
Cristo santo, se è bella.
I suoi capelli bruni si posano con un fare poetico sulle sue spalle, e contornano un viso dai lineamenti delicati, scolpiti con cura da un angelo estremamente abile.
Durante la lezione, mentre scrive gli appunti dettati da una voce elettronica, pensa a tutto ció che avrebbe potuto fare con lei, se non fosse stato per quel governo.
Gli passano per la mente le fantasie più romantiche e quelle più perverse.
Ah, con quella ragazza avrebbe potuto farci di TUTTO.
Invece, è costretto a sposarsi con #359148, che nemmeno conosce.
Incatenato in un mondo di obblighi, monotono, terribilmente noioso.
"al diavolo!"
Quando torna alla realtà, #265497 è in piedi in mezzo alla stanza, i quaderni lanciati un po' ovunque. Gli alunni lo guardano con aria sconfitta, come se gli stessero sussurrando di arrendersi, di lasciarsi morire in quella tremenda realtà.
Anche #185203.
Cristo.
Vederla in quello stato lo fa imbestialire.
La voce sintetica riprende seria: "lo sa che non gradiamo questo genere di comportamenti, soggetto 265497. Si diriga nella sala delle punizioni."
Un brivido gli percorre la schiena. Raccoglie i quaderni, sussurra un "mi scusi" ed esce.
La strada la conosce bene. A testa bassa raggiunge il reparto D, comunemente chiamato sala delle punizioni.
"spero di non vederla più, soggetto 265497. Si tolga la maglietta."
La prima frustata è sempre la più dolorosa, perchè riapre le vecchie ferite. Dalla quinta in poi la sofferenza si mescola con i pensieri, e la realtà cessa di esistere. Non che sia così brutta, come sensazione.
Il resto della giornata scorre normalmente.
2.30, termine delle lezioni.
3.30, pranzo.
Fino alle 4.00, riposo.
Fino alle 7.00, compiti.
7.30, cena.
Fino alle 10.00, compiti.
10.30..... Finalmente si riprende a respirare.

Finge di addormentarsi, e attende fino al momento cruciale.
Un leggero suono di circuiti fulminati rompe il silenzio, dopodichè la solita voce digitale dice: "il soggetto qui presente è pregato di lasciare questo buco di appartamento e di andare a fare qualcosa di producente per città. Ah, muoviti che manchi solo te. Saluti, il tuo marchingegnere preferito."
Con uno scatto fulmineo, #265497 prende la foto e l'attacca alla telecamera.
Si cambia d'abito: lancia sul letto quasi con ribrezzo quei pantaloni neri e quella maglia a maniche lunghe grigia, e si sente rivivere indossando i jeans strappati qua e là, la maglietta verde a maniche corte, la bandana rossa e gli occhiali da sole.
si lancia dalla finestra: saltare da palazzo a palazzo, questa si che è vita.
Continua per qualche minuto, fino a raggiungere un tombino malridotto. Accertandosi di non essere seguito, lo apre e si lancia dentro. Davanti a lui si presenta un piccolo labirinto: dritto, destra, destra, sinistra, dritto, sinistra. Un'altra botola, che non esita ad attraversare. L'odore di patatine e l'atmosfera allegra lo investono come una brezza piacevole.
"ehi, 265497! Una partita?" gli grida Flamer dal tavolo da biliardo.
"chiamami ancora così e quelle palle te le ficco..."
"modera la foga, Enford" gli dice sorridendo Fenice. "comunque non c'è tempo per giocare, Roger ci vuole parlare."
Roger li accoglie a braccia aperte.
"benarrivati, ragazzi. Ho bisogno di voi per un lavoretto."
Fenice: "che genere di lavoretto?"
"niente di speciale. Poco più a nord stanno costruendo un altro centro di fabbricazione. Lasciamoci la nostra firma."

Roger e Enford osservano da lontano il cantiere. Diversi v700 [stop! Inanzitutto vi informo che queste scritte tra parentesi quadre sono "fuori" dal racconto. i v700 sono i robot di sicurezza d'ordinanaza, in pratica i poliziotti. Di forma sarebbero come normali poliziotti, ma al posto della testa hanno una semplice sfera metallica] pattugliano la zona, mentre i muratori, mattone per mattone, danno forma al palazzo.
"tutti pronti?" sussurra Roger alla radio.
"aspetto te", gli dice Enford
"il mio fucile freme" risponde Fenice.
"diamo inizio alla festa, allora."
Enford si abbassa gli occhiali e tira su la bandana, e Roger si mette la maschera sul volto.
I due si avvicinano alla struttura.
"Fenice, un paio di v700 ci bloccano la strada."
Due proiettili sferzano l'aria.
"non daranno più fastidio, proseguite."
I due si infiltrano nel cantiere. Ad un tratto, uno fa segno di bloccarsi.
"attenzione, Aracnidi ad ore 12."
"meglio non farli arrabbiare... Aggiriamoli, passiamo dall'altra parte."
Silenziosi più che mai proseguono il tragitto, liberandosi di qualche v700 ed evitandone altri, finchè non raggiungono una colonna piuttosto spessa.
"dunque... Quest'affare tiene su tutto il palazzo, right?" chiede Enford, ricevendo conferma da Roger: "yep. Piazza l'ordigno e andiamocene."
Dopo aver innescato la bomba, i due si allontanano velocemente dalla zona.
"bene, facciamo allontanare i civili prima di detonare. Doc?"
Dall'altra parte della radio: "marchingegnere Joseph al vostro servizio. Cosa posso fare per voi?"
"ce la fai ad attivare le sirene antincendio del nuovo palazzo in costruzione?"
"Nulla di più facile."
Poco dopo, il quartiere è invaso da un trillo assordante, accompagnato da un messaggio vocale: "rilevato incendio nel palazzo. Si pregano i soggetti presenti di evaquare immediatamente, rispettando le norme di sicurezza del codice BB3042."
Dopo qualche minuto, Enford: "non c'è più nessuno. Vai pure."
Roger preme il pulsante di un interruttore che ha con sè: si ode un piccolo tonfo proveniente dalla base del palazzo, dopodichè quest'ultimo crolla su se stesso.
"WOHOO! Grande!"
"per la rivoluzione!"
I due sono interrotti da Fenice: "ragazzi, mi spiace rovinare questo bel momento, ma degli Aracnidi vi hanno identificato. Muovetevi, vi copro la fuga!"
In effetti, la ragazza sa il fatto suo. Uno dei 3 Aracnidi viene passato da parte a parte da un FullMetalJacket, e il suo corpo inerte cade dal palazzo su cui si trovava. Armi alla mano, Roger ed Enford cominciano a correre, mentre sparano ai droidi che hanno alle spalle.
"Enford, dividiamoci! Sarà più semplice ucciderli singolarmente!"
"immagino tocchi a me salire sui tetti..." dice dirigendosi verso delle scale d'emergenza.
Dopo qualche minuto, Enford ha già utilizzato qualche caricatore, ma l'Aracnide non da segni di cedimento. Un salto sbagliato e si ritrova a penzolare nel vuoto: l'Aracnide sopra di lui lo esamina attentamente prima di sferrare il colpo.
Enford chiude gli occhi.
Rumore di una machine gun in procinto di fare il suo lavoro.
"è la fine", pensa, ma gli spari che successivamente sente non sono indirizzati a lui. Riapre gli occhi, e vedendo il corpo crivellato del robot tira un sospiro di sollievo. Poco dopo Roger lo aiuta a tornare sul palazzo: "nemmeno un Aracnide... Perdi colpi, ragazzo."
"mi sono distratto, pensavo se TU ce l'avresti fatta."
"avevi dubbi? Beh, Tra poche ore è l'alba, se vuoi dormire un po' ti consiglio di muoverti. A domani."
"ci vediamo!"
Dopo qualche minuto Enford raggiunge il suo appartamento. Si rimette l'abito d'ordinanza, poi, parlando nella radio: "sono pronto, doc. Fulmina."
Un altro rumore di circuiti fusi. Velocemente stacca la foto dalla videocamera e si stende sotto le coperte, e si lascia trasportare dai sogni.

Suona la sveglia.
"buongiorno, soggetto 265497. Consumi la colazione entro le 7, si lavi entro le 7.30 e si diriga nel centro d'apprendimento più vicino. Buona giornata."
Si tira su a fatica, raggiunge i cereali proteici che, come al solito, lo aspettano in cucina.
E di nuovo, tutto si ripete...

...fino alla prossima notte, beninteso.



EPISODIO 2


La notte scorre tranquilla. Un magnifico cielo stellato domina la città, e l'unico suono che aleggia tra i palazzi è quello leggero e placido del vento.
Enford si cala nel tombino a fatica.
Da un tavolino, Flamer: "ehi, Enford. giornataccia?"
"meh, non me ne parlare..."
"Coraggio, Roger ti ha lasciato qualcosa di semplice, il giro di pattuglia. Fatti una passeggiata, cerca di rilassarti e avvertici se vedi qualcosa di anomalo."
"ricevuto. Ringrazialo da parte mia."
"ah, fa attenzione, là fuori. Una soffiata ci ha avvisato di un nuovo tipo di bot, i v2400. Pare siano simili ad Aracnidi, forse un po' più fragili ma capaci di mimetizzarsi. Abbiam deciso di chiamarli Camaleonti."
"terró gli occhi aperti."
"ci conto. Stammi bene."

Enford cammina pensoso sugli edifici. Le sue fantasie sono rivolte a #185203: non riesce a smettere di pensare a lei, a quale personalità potrebbe nascondersi dietro il suo dolcissimo volto, costretto invece ad un freddo rigore.
Uno strano convoglio attira la sua attenzione: sei Aracnidi, accompagnati da una ventina di v700, scortano un camion blindato. Enford prende il binocolo: nel veicolo intravede una ragazza spaventata.
stranamente, non gli è sembrata in divisa ufficiale.
"pronto, Roger? Ho notato qualcosa di ESTREMAMENTE anomalo."
"dimmi tutto."
"un furgone esageratamente corazzato, deliziato dalla compagnia di mezzo esercito della città, gira ad un'ora improponibile. Sono quasi certo che dentro ci sia una ragazza. Che facciamo, le diamo una mano?"
"ovvio. Ti mando Flamer, preparati all'inferno terreno."
"sono sempre pronto. Tengo d'occhio il furgone prima del suo arrivo."
Flamer. Un nome, una garanzia.
Dopo qualche minuto di quiete, una molotov irrompe nel convoglio. Il fuoco divampa veloce, sciogliendo qualche v700 e allertando gli Aracnidi; il veicolo è costretto a fermarsi.
Dopo la prima, altre molotov piovono sulla strada, dopodichè entra in scena Flamer, con la sua classica maschera antigas e un lanciarazzi.
"YI-HAA! Mangiate questo, pezzi di latta!" dice mentre preme il grilletto.
L'esplosione spazza via un paio di Aracnidi e ribalta il furgone, che peró rimane intatto. Subito i robot sopravissuti agli attacchi indirizzano il fuoco su Flamer, che agile come una volpe evita senza problemi ogni proiettile, mentre Enford si avvicina di soppiatto al blindato. Dalla tasca estrae una forcina, e dopo qualche minuto passato sulla serratura riesce a forzarla. Ció che vede dentro lo lascia un po' interdetto: una ragazzina chiarissima di pelle piuttosto bassa, i capelli lunghi e lisci di uno strano azzurro, così come gli occhi, grandi di paura eppure bellissimi. Ancora più strani sono gli indumenti che indossa: un unico vestito completamente attillato, di un bianco così acceso da non lasciar trasparire nulla dietro, con delle linee dello stesso celeste degli occhi e dei capelli che si avvolgono intorno alle braccia e alle gambe, e si allungano sui fianchi. La tuta ricopre tutto il corpo, lasciando liberi solo collo, testa, mani e piedi, coperti da delicatissimi scarponcini bianchi.
Dopo qualche momento di imbarazzo generale, lui le allunga una mano: "non abbiamo molto tempo. Vieni, ti porto al sicuro."
Lei sembra inizialmente titubante, ma vista la situazione decide di fidarsi, e gli allunga la sua.
gli Aracnidi smettono di sparare a Flamer, e si dirigono verso Enford e la ragazza. Sembrano parecchio decisi a prenderli.
"dì, sai correre?"
"s-sì..."
La sua voce è debole e delicata, quasi infantile.
"bene, comunque non abbiamo alternative. Forza!" dice strattonandola, seppur con una certa delicatezza, fuori dal furgone.
I due si muovono veloci tra le strade, mentre Enford spara qualche colpo alle spalle. Riesce a distruggere uno dei 4 bot, che cade stramazzante a terra.
Gli altri aprono il fuoco.
"ah, Cristo... Svolta a sinistra!"
I due entrano in un vicoletto inaccessibile per gli Aracnidi, che termina in un tombino. Entrano e si ritrovano nelle fogne.
"uff... Qui dovremmo essere al sicur-"
Non fa in tempo a terminare la frase che una lama penetra dal soffitto.
"stanno entrando... Muoviamoci!"
Cominciano a correre più veloci di prima, ma imboccano un vicolo cieco. Quando sono visti dai bot, uno di essi spara un razzo.
"ok, forse riesco a sparare al missile in vol-" "u-uuurgh...."
Prima che finisse la frase, il razzo si ferma, e resta a fluttuare in aria. La ragazza sta porgendo le mani in avanti, sul volto un'espressione concentrata e terribilmente affaticata.
"AH!"
La testata riparte veloce, ma diretta verso gli Aracnidi, i quali vengono distrutti completamente.
Lei cade in ginocchio, le mani appoggiate al pavimento, ansimante.
Enford è esterrefatto.
"eh... Ehm, ok.... Che, che hai fatto? Perchè sei stata tu, vero?"
"anf, anf, anf...... Solo..... Anf, anf.... Un minuto.... Anf, anf..."
Si sente del movimento in superficie.
"non c'è tempo. Se vuoi che ti porti nel posto sicuro di cui ti parlavo non dobbiamo essere seguiti, quindi dobbiamo muoverci ora."
"a.... Anf, anf.... Spetta... Anf...."
Senza pensarci un secondo, lui la prende e se la carica in spalla. Lei dall'espressione sembra abbastanza intimidita e indignata, ma si lascia trasportare.

Qualche minuto dopo Enford e la ragazza raggiungono il rifugio: sono subito accolti da tutta la resistenza.
Roger comincia: "sei fortunato ad esser vivo, ragazzo. Ti davamo per morto."
"che diamine sta succedendo?!"
"là fuori è il delirio. La città è in allarme generale, ci sono Aracnidi ovunque. Questa missione di salvataggio si rivela più incasinata del previs-" "AHIA! Cristo, fai attenzione!"
Ad interromperlo è stato Flamer: ha una lunga ferita sul braccio, e sta venendo medicato da Fenice.
"beh, cosa pensavi? È un taglio profondo, è ovvio che bruci."
"mi hai fatto più male tu di quell'Aracnide..."
Poi, Roger: "zitti tutti. Sento qualcosa."
Nella stanza cala il silenzio. In effetti, si sente una voce robotica molto debole, proveniente dall'esterno: "Questa notte, un gruppo di teppisti ha liberato una detenuta di massima importanza. È piccola ma pericolosa, è essenziale per la vostra protezione che essa non girovaghi per le strade. È una ragazzina dai capelli azzurri, sarà facile identificarla. Se uno di voi cittadini riesce a riconoscerla, ha il permesso di venire meno ai suoi ordini e cercare di sopraffarla: nel caso in cui riesca nell'intento, porti il corpo della fanciulla al più vicino centro di legislazione. Il soggetto riceverà un riconoscimento speciale da parte del generale Knor in persona. Ci scusiamo per la sveglia brusca e vi auguriamo buonanotte."
Flamer: "conosco a memoria tutti i carcerati di ogni prigione della zona: stanno mentendo, non è mai stata in cella."
I presenti parlano tra loro, inquieti, poi Roger dice: "pare che tornare alle proprie case sarà più difficile del previsto... Raccomando a tutti la massima attenzione, non vogliamo perdere altri uomini. Con questo ho finito."
La folla intorno ad Enford e la ragazza si dilegua. Sempre Roger, rivolto alla ragazza con tono amichevole: "sembra che ci hai cacciati in un bel guaio. Come ti chiami?"
"S-Stella...." risponde imbarazzata.
"ok, Stella... Sai dirmi da dove vieni?"
"un posto molto lontano da qui... A nord-ovest, credo..."
"abbiamo anche una direzione. Peró! Ottimo senso dell'orientamento."
"G-grazie..."
"sembri parecchio stanca. Enford, portala da Joseph, saprà come aiutarla."
"ricevuto." dice Enford incamminandosi, e facendo cenno a Stella di seguirlo.
"vedrai, Joseph ti piacerà. È un po'... Come dire, strambo. Puó sembrare un idiota, ma ti assicuro che è un geniaccio."
I due scendono delle scale, fino ad una porta. Attraversandola sembra di cambiare pianeta: si entra in una stanza piuttosto grande, dominata da strani macchinari e enormi ingranaggi: essi sono costruiti in legno o metallo arrugginito, il tutto di colorazione marroncina-arancione, mentre un fantastico tappeto rosso in stile ottocentesco domina il pavimento.
Joseph è chinato sotto una delle strutture, ad armeggiare con dei bulloni.
"ehm... Ehi, Doc?"
"AAAH! Chi và l- OUCH!" spaventandosi, si alza velocemente, battendo una sonora craniata contro il macchinario.
"Ah, ciao Enfor- Ahi!" escalma quando una rotella, staccatasi dal marchingegno, gli finisce in testa.
Ora che è in piedi, Stella puó osservarlo attentamente: porta delle scarpe da tennis, dei pantaloni che sembrano usciti da un altro secolo e una canottiera bianca sporca d'olio quà e là. Tutto (abbastanza) normale, se non fosse per uno strano oggetto appoggiato sulla testa: è una specie di benda d'acciaio, cosparsa di piccole rotelle, dal cui lato partono diversi prolungamenti terminanti con delle lenti, ognuna diversa dalle altre. Il curioso individuo ne afferra una, se la tira davanti all' occhio e con sguardo attento comincia a scrutare Stella. "incredibile.... INCREDIBILE! Questo vestito è composto in una fibra più simile a plastica che a lana, fibra che si pensava sparita dalla terza Grande Guerra!"
Mentre continua a borbottare qualcosa sulla composizione chimica di quel materiale, comincia a girare intorno a Stella e ad osservarla da ogni direzione.
Conclude con un "affascinante, davvero affascinante!", sporgendosi verso il seno della ragazza. Lei non sembra prenderla per niente bene, tanto che scaraventa Joseph per terra, dandogli una scossa semplicemente toccandolo.
Enford riprende: "ehm... Doc? Ti senti bene?"
"STRABILIANTE! Essa è capace di emettere dalla sua pelle un debole impulso di natura elettrica! Potrebbe essere causato da..."
Ma ormai Stella non l'ascolta più: si guarda intorno incuriosita, cercando di comprendere il funzionamento di quegli aggeggi sparsi ovunque.
Enford: "doc? DOC! Fermati!"
"...e le sue fun- oh, sì, scusami. Allora, cos'abbiamo qui?"
"si chiama Stella. Sai dirci da dove viene?"
"certamente" dice col suo solito sorriso da sapientino, "basta conoscere il numero del suo chip e posso determinarne la provenienza. A proposito, se hanno cercato di uccidervi è strano che non l'abbiano già fulminata."
"i-io non ho un chip... N-non so nemmeno di che chip parli..."
"uhm..." l'espressione di Joseph si fa seria.
"facciamo così. Prendo una cartina del continente, e tu provi a dirmi approssimativamente dov'è la tua città. Ok?"
"v-va bene..."
"allora, dove sono, dove sono.... Ah, eccole lì." dice dirigendosi verso un armadio ottocentesco. Quando lo apre, viene letteralmente travolto da rotoli di carta ingialliti.
Stella guarda Enford un po' confusa.
"fidati, fidati, quando ci si mette è un genio." le dice.
Dal mare di carte esce una mano, e da sotto si sente una voce trionfante: "trovata!"
Si rialza, rimette via i rotoli e si dirige soddisfatto verso i due.
"la prima mappa del nuovo mondo, disegnata da uno dei nostri migliori esploratori!" esclama Joseph trionfante.
Dopo la terza Grande Guerra, il mondo è molto cambiato. Alcune zone sono state mangiate dalla flora, altre si sono desertificate, I continenti si sono spostati. Ora essi sono molto vicini e formano quasi una Pangea, seppure si parla di un misterioso arcipelago dall'altra parte del mondo.
Joseph srotola l'enorme mappa su un muro, la quale mostra un abbozzo a matita del supercontinente. È tuttavia discretamente chiara e dettagliata.
"è stata tracciata parecchi anni fa, ci sono voluti mesi per completarla. Allora, riesci a riconoscere il luogo da cui provieni?"
Lei, senza pensarci due volte, punta l'indice.
"sei sicura? Lì c'è solo una foresta, pericolosa e peraltro non completamente esplorata..."
"sicurissima."
"ok, se lo dici tu. Rotta, Foresta delle Lacrime."
"ah. Ed è, uh, vicina?" chiede Enford.
"più o meno." risponde il professore, "noi siamo dalla parte opposta."
"cavolo. Qui ci vuole un Liberato... "[...ovvero un ribelle senza il chip. La rimozione del chip è un intervento delicato e rischioso, che il più delle volte porta alla morte dell'operato. Ah, tra parentesi Joseph e Roger sono Liberati.]
"un... Che?" chiede Stella incuriosita.
"vedi, io, come la maggior parte delle persone qui dentro, ho un chip nel collo. Se di giorno non torno nella mia abitazione, una scossa mortale mi fulmina il cervello. Chiaro?"
"aspetta..."
Stella appoggia la sua mano sul collo di Enford: strizza gli occhi e comincia a sudare, come se stesse compiendo uno sforzo immenso. Il tocco della ragazza è tiepido: un dolce tepore, caldo e rassicurante.
Dopo qualche secondo, Stella sposta bruscamente la mano, chiusa a pugno. Cade a terra esausta: nel suo palmo c'è un chip, con su inciso a caratteri grandi il numero 265497.
Enford e Joseph sono senza parole.
"mi... Mi ha...."
"ti ha.... Levato il chip... Con una mano..."
Joseph si riprende velocemente: "è... È una scoperta sensazionale! Questa è un'arma potentissima, potremo rimuovere quel chip malefico ad ognuno dei nostri soldati! Organizzeremo attacchi diurni, ci accamperemo lontano dalle città, e..."
"...e lei non farà più niente di simile."
A parlare è stato Roger, dalla soglia della porta.
"...cosa?!"
"saremmo così diversi da questo governo, se l'utilizzassimo come schiava? Sant'iddio, guardatela."
Stella è a terra senza forze; subito Enford corre ad aiutarla.
"ora ricordo perchè ti abbiamo eletto leader..." dice Joseph.
"non è difficile, basta pensare sempre al bene di ogni individuo." risponde Roger. Dopodichè, rivolto ad Enford: "beh, benvenuto tra i Liberati. La ragazza l'hai salvata tu, e sembra essersi affezionata a te... Te la senti di riportarla a casa?"
"i-io, affezionata?" subito diventa rossa in volto e si allontana da Enford, spostando lo sguardo da un'altra parte.
"contaci. Io e lei partiremo domani stesso."
"allora è deciso. Joseph, abbiamo ancora quella vecchia jeep, in garage?"
"non è nuovissima, ma con qualche pistone nuovo..."
"ce la fai a sistemarla per l'alba?"
"consideralo già fatto."
"perfetto. Enford, Stella, seguitemi, vi mostro le stanze."

È Oramai notte fonda, Stella ed Enford sono sdraiati nei rispettivi letti.
"E-Enford?"
"Stella, non dormi ancora? Domani sarà dura..."
"g-grazie per.... Sì, insomma, per tutto..."
"tranquilla. Ora cerca di dormire."
"m-mi spiace crearvi tutti questi problemi..."
"scherzi? Tu mi hai rimosso il chip. Ti devo tutto."
"G-grazie ancora... buonanotte..."
"ora peró dormi. 'notte."
E così si consuma la prima notte fuori dall'appartamento, per Enford.

La prima notte da Liberato.




MARCOZZZ98


PROLOGO

Si svegli , dottor. Marcoz , si svegli.
Non che voglia insinuare che lei abbia dormito sul lavoro, nessuno merita più riposo di lei , ma tutti gli sforzi del mondo risulterebbero vani finchè... diciamo solo che è di nuovo giunto il suo momento.
L' uomo giusto nel posto sbagliato può fare una grande differenza.
Perciò si svegli dottor Marcoz, apra gli occhi e si svegli.

*Si sveglia di soprassalto*
Uomo sconosciuto: Si è svegliato, finalmente, tenetelo sotto osservazione.



SALAS


PROLOGO - EPISODIO 1



Il progetto iniziò molto tempo fa, molti bambini vennerò presi dalle loro famiglie quando ancora non avevano coscenza di se e portati nel Bunker.
Lo scopo di questo Bunker era di riuscire a creare una socità perfetta e autonoma dall'esterno, per questo hai bambini fu inculcata a forza l'idea che furoi dal Bunker non ci fosse nulla e che tutto il loro mondo era questo Bunker.
La cosa funziono a meraviglia per molte generazioni, gli anni passavano e la gente dentro il Bunker continuava a credere che il mondo fosse tutto li.



Thea sin da piccolo era sempre stato un ragazzo curioso e con un intelligenza sopra la media, e quando un giorno da piccolo mentre girovagava per i piani bassi del Bunker aveva trovato quella piccola strana creatura mai vista, aveva capito che forse fuori dal Bunker doveva esserci qualcosa se no non avrebbe potuto spiegarsi da dove provenisse quella creatura...
Crescendo aveva scoperto da dove provenisse quella creatura,vi era un piccolo foro su di una delle spesse pareti di acciaio del bunker dal quale la piccola creatura entrava e usciva a piacimento
Aveva deciso di non parlarne con nessuno poiche probabilmente nessuno gli avrebbe creduto e lo avrebbero preso tutti per pazzo, intanto lui avebbe cercato di allargare il buco dal quale era venuta quella creatura in maniera tale da poterci passare pure lui.
Per riuscire a creare un foro abbastanza grande ci impiego molti anni, quando finalmente il foro era abbastanza grande lui compieva prorpio quel giorno i suoi 20 anni,quando la mattina del suo compleanno si sveglio sapeva gia cosa fare, i suoi familiari gli avevano organizzato una festa a sorpresa in uno dei piani alti del Bunker, vi avrebbe partecipato tutta la gente che abitava nel Bunker poiche quando uno dei ragazzi compiva 20 anni era abbastanza maturo per sposarsi e iniziare il lavoro che gli era stato predestinato e tutta la gente che viveva nel Bunker doveva assistere alla cerimonia
Thea ovviamente non aveva alcuna intenzione di partecipare alla sua festa, era riuscito ad ottenere dal laboratorio di chimica varie sostanze che se unite tra di loro potevano generare una piccola esplosione, nulla di potente, ma forte quanto bastava per far cedere definitivamente l'ultimo pezzo di parete che si frapponevano tra lui e qualunque cosa ci fosse fuori.

La fuga ando benissimo Thea si ritrovo all'esterno,ma non si ritrovo davanti cio che si aspettava, il mondo che si ritrovò davanti era completamente desetico non si vedeva nessun segno di civiltà per molti chilometri.
L'unica struttura presente, oltre la piccola casetta dal quale era appena uscito Thea che conduceva all'entrata distrutta del Bunker, era un enorme grattacielo che si stagliava in lontananza, porbabilmente a una decina di km da dove era ora Thea.
-bhe non è cio che mi aspettavo però meglio del niente che dicevano...
meglio inziare ad incamminarmi verso quella struttura forse li trovero una risposta alla molte domande che ho...-

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Un viaggio in auto molto lungo, un momento vuoto con il cellulare scarico, un'insonnia che non va via.

Il pensiero di avere molto tempo a disposizione, ma non saperlo come riempire.

La noia si insinua in ogni anfratto della mente, e l'idea di un lungo nulla porta ad istinti suicidi.

Ma io no.

Io son sempre riuscito a far fruttare questi momenti, pensando, creando, inventando. Inventando manga che, a saper disegnare, passerei il giorno ad arricchire.

dunque mi chiedo: qualcuno ha fatto lo stesso?

Se la risposta è si, allora gli chiedo di scrivere qui la storia manga che da tanto cova con amore!

come ti capisco anche io in quei momenti di noia o anche quando sono a letto e non riesco a prendere sonno mi metto li e inizio a pensare con la testa a migliaia di storie che se avessi anche solo voglia di scrivere (anche perchè disegnare non mi riesce proprio) potrei riempirci centinaia di migliaia di pagine

comunque ecco qua un abbozzo di trama di una storia per un manga che ho in mente in questi giorni:

centinaia di bambini appena nati vengono presi dalle loro famiglie e portati in un bunker sotterraneo completamente autonomo e isolato dal mondo

qui oltre i bambini ci sono anche delle persone adulte che oltre il compito di allevare i bambini hanno anche il compito di inculcargli nella mente l'ideaa che non esista un mondo fuori dal bunker e che esista solo esso

la cosa continua per generazioni infatti dopo che i primi adulti sono invecchiati e morti i primi bambini che ora sono diventati adulti procreano nel bunker creando una nuova generazione e visto che a loro è stata inculcata l'idea che fuori non ci sia nulla la stessa idea viene data anche hai loro figli

la cosa continua cosi per varie generazioni, ma un giorno un ragazzo si chiede se sia effettivamente vero che fuori ci sia il nulla e dopo molte peripezie si ritrova fuori dal bunker in un mondo che però ormai è molto cambiato da quando il progetto iniziò....

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Figa sta storia. Alla psyren :sisi:

e non è nemmeno una delle mie migliori :asd:

me ne frullano in testa molte di storie (di solito però sono ambientate in universi di videogame film o manga gia esistenti) però a violte me ne vengono in mente anche alcune cosi :sisi:

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Ospite

Figa sta storia. Alla psyren :sisi:

Cosa c'entra con psyren?

come ti capisco anche io in quei momenti di noia o anche quando sono a letto e non riesco a prendere sonno mi metto li e inizio a pensare con la testa a migliaia di storie che se avessi anche solo voglia di scrivere (anche perchè disegnare non mi riesce proprio) potrei riempirci centinaia di migliaia di pagine

comunque ecco qua un abbozzo di trama di una storia per un manga che ho in mente in questi giorni:

centinaia di bambini appena nati vengono presi dalle loro famiglie e portati in un bunker sotterraneo completamente autonomo e isolato dal mondo

qui oltre i bambini ci sono anche delle persone adulte che oltre il compito di allevare i bambini hanno anche il compito di inculcargli nella mente l'ideaa che non esista un mondo fuori dal bunker e che esista solo esso

la cosa continua per generazioni infatti dopo che i primi adulti sono invecchiati e morti i primi bambini che ora sono diventati adulti procreano nel bunker creando una nuova generazione e visto che a loro è stata inculcata l'idea che fuori non ci sia nulla la stessa idea viene data anche hai loro figli

la cosa continua cosi per varie generazioni, ma un giorno un ragazzo si chiede se sia effettivamente vero che fuori ci sia il nulla e dopo molte peripezie si ritrova fuori dal bunker in un mondo che però ormai è molto cambiato da quando il progetto iniziò....

Bella storia...aggiunci dei mostri qua e la è diventerebbe perfetta per lo shonen jump...anche se non venderebbe molto e verrebbe droppata...

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Cosa c'entra con psyren?

Bella storia...aggiunci dei mostri qua e la è diventerebbe perfetta per lo shonen jump...anche se non venderebbe molto e verrebbe droppata...

e chi vuole andarci sul jump :asd:

una storia cosi sarebbe buona per lo square o per l'ultra jump

non di sicuro per lo shonen jump poiche appunto non sarebbe una storia shonen ma più un seinen

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Ospite

e chi vuole andarci sul jump :asd:

una storia cosi sarebbe buona per lo square o per l'ultra jump

non di sicuro per lo shonen jump poiche appunto non sarebbe una storia shonen ma più un seinen

dipende come la imposti,se fai battaglie(come in psyren)potrebbe andare su shonen jump

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

dipende come la imposti,se fai battaglie(come in psyren)potrebbe andare su shonen jump

naa

da come ho immaginato il continuo della storia posso dire che3 di certo non è adatta allo shonen jump

cioè l'unico modo per poterci mettere mostri sarebbe far si che il mondo che trova fuori sia un mondo post-apocalittico con mostri mutazioni etc ma poi verebbe fuori una cosa troppo simile a fallout 3 (che tra l'altro è cio da cui mi sono ispirato per la storia)

la storia come la pensavo io non aveva vere battaglie fisiche ma più battaglie psicologiche e mentali :sisi:

comunque di banali storie shonen potrei anche scriverne dopo appena la ritrovo vi posto una storia di combattimenti che avevo in mente tempo fa

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Nessuno ha letto la mia D:

io lo letta la tua solo che l'hai scritta un po confusionaria e non ci si capisce molto

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

D: Devi vederla come un primo capitolo di un manga non come una trama. Poi'ho scritta via telefono :asd: Domani aggiungo un triliardi di cose che ho omesso

si ma hai proprio sbagliato ad impostarla se volevi scriverla come primo capitolo di un manga dovevi scriverla meglio con dialoghi etc

cioè chi la leggeva doveva proprio riuscire ad immaginarsela a manga

se non lo hai letto leggiti bakuman che spiega molte cose su come creare un manga :sisi:

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Ospite

si ma hai proprio sbagliato ad impostarla se volevi scriverla come primo capitolo di un manga dovevi scriverla meglio con dialoghi etc

cioè chi la leggeva doveva proprio riuscire ad immaginarsela a manga

se non lo hai letto leggiti bakuman che spiega molte cose su come creare un manga :sisi:

non è la migliore fonte per capire come si creano i manga...

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Tu mi stai dicendo di leggermi un manga che segue praticamente da quando e' iniziato? :asd:

Comunque si,l'ho fatto molto alla veloce per via del telefono

bene se lo segui è tutto più facile in pratica non so se ti ricordi ma all'inizio takagi doveva fare tuto il name e mashiro ridisegnarlo ma poi trovano un metodo migliore

in pratica fanno scrivere a takagi la storia come se stesse scrivendo un libro in pratica, e cosi poi mashiro riesce a ricavare il meglio dalla storia

cosi ad esempio fanno anche gli sceneggiatori di cartoni e film

e sinceramente quello che hai scritto tu sembra un miscuglio tra un esopsizione della trama e un racconto

non è la migliore fonte per capire come si creano i manga...

ma è la più semplice

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Ospite

bene se lo segui è tutto più facile in pratica non so se ti ricordi ma all'inizio takagi doveva fare tuto il name e mashiro ridisegnarlo ma poi trovano un metodo migliore

in pratica fanno scrivere a takagi la storia come se stesse scrivendo un libro in pratica, e cosi poi mashiro riesce a ricavare il meglio dalla storia

cosi ad esempio fanno anche gli sceneggiatori di cartoni e film

e sinceramente quello che hai scritto tu sembra un miscuglio tra un esopsizione della trama e un racconto

ma è la più semplice

Si mi ricordo...infatti credo che tutti conoscono la sceneggiatura.Non ho mai capito perché all'inizio la disegnavano...

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Si mi ricordo...infatti credo che tutti conoscono la sceneggiatura.Non ho mai capito perché all'inizio la disegnavano...

bhe quella penso sia stata una scelta narrativa voluta

anche perchè quasi tutte le coppie di disegnatore-scrittore non fanno mai fare allo scrittore il name visto che sarebbe una perdita di tempo e non si ricaverebbe il meglio dalla storia

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Ospite

bhe quella penso sia stata una scelta narrativa voluta

anche perchè quasi tutte le coppie di mangaka-autore non fanno mai fare allo scrittore il name visto che sarebbe una perdita di tempo e non si ricaverebbe il meglio dalla storia

Infatti non ha senso secondo me...una scelta narrativa che non ha senso...

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Infatti non ha senso secondo me...una scelta narrativa che non ha senso...

bhe si un po' di senso c'è l'ha visto che comunque mashiro e takagi non erano ancora esperti e quindi non conoscevano il metodo migliore per lavorare

comunque ho ritrovato la storia shonen che dicevo prima ora la sistemo un po' e ve la posto

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Ospite

Sono molto inesperti,tutti o quasi sanno che la sceneggiatura va scritta...cmq siamo OT

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Edit, ho messo l'introduzione del mio manga, ditemi che ne pensate :3

(forse non brilla di originalità, ma vedete che succede poi :asd:)

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

io ho scritto direttamente una storia :D

Ma vorrei che fosse disegnata da qualcuno per trarne un fumetto :D

CAPITOLO I

“Solo un altro giorno”

All'inizio, era il caos. Profondo, oscuro e totale. Materia grezza si cristallizzava ai lati dell'universo, mentre ondate di Tempo fluivano dal rubinetto della creazione.

Caos. Elettricità nell'aria. Calore nelle vene. Era la vita, quella vera, che si spandeva come cioccolata per tutto il creato.

Poi, dopo un breve momento, il cosmo si riscosse: e così apparvero le Leggi. In un lampo fu l'Ordine, penetrante come una coltellata e freddo come l'acciaio: costrinse con gran forza pianeti a roteare, i soli a brillare e le galassie ad aggregarsi.

Ma qualcosa era rimasto: il Caos non era scomparso. Si era solo frammentato, per lasciare posto al fratello invadente. Cosicché, in ogni singola parte dell'universo, il Caos attendeva, manifestandosi sotto varie forme. Non aspettava altro che un momento, per liberarsi dalle catene e ribellarsi al suo caro fratellino, seduto sul trono traballante di re dell'universo.

Dopotutto, il dominio del cosmo è una questione di forza.

La perenne notte spaziale è nota per essere fredda in un modo sconcertante: appena tre gradi sopra lo zero assoluto! Eppure, in questa tremenda oscurità gelida, un piccolo pianeta chiamato Terra è riscaldato da una minuscola stella detta Sole. Questa palla di fango e roccia è famosa soprattutto per i tentativi che compie nell'esportazione di spazzatura: è risaputo, infatti, che attorno al campo gravitazionale terrestre passeggia una quantità di rifiuti superiore ai milioni di tonnellate. Questi rifiuti, forse colpiti da una forma di acuta nostalgia, finiscono spesso per ricadere a terra attratti dalla gravità: ciò significa che quasi tutte le notti è possibile vedere nel cielo luci sfolgoranti che attraversano la sfera celeste, benché nelle grandi città siano invisibili a causa dell'inquinamento luminoso. Nei luoghi più elevati ed isolati, però, le notti sono un viavai di linee fiammeggianti ed improvvise, che meravigliano quelli che non vi sono abituati, mentre d'altro canto gli osservatori abituali, di norma astronomi, non perdono certo tempo con stupidi meteoriti, ma anzi si lamentano perché questi ostruiscono loro la visuale su quella maledetta stella posizionata a Cosb¼ radianti che tentano di vedere da un mese a questa parte. Così, tra una meraviglia e un amarezza, nessuno si accorse che il pianeta stava per entrare in contatto con una meteora alquanto singolare: innanzitutto non bruciava, e ciò è perlomeno sospetto, specie se sei lanciato a più di duemila miglia orarie e ti stai velocemente sfregando a morte contro un solido muro d'aria. In secondo luogo, chiunque lo avesse fissato per più di un secondo si sarebbe ritrovato con un mal di testa da record: pareva quasi che l'oggetto avesse più vertici che lati, e che nella fattispecie fosse composto da tutti i colori, ma anche da nessuno. E in un momento sembrava una sfera perfetta, poi un quadrilatero, infine una figura inesprimibile.

Ma poiché nessuno l'aveva vista, e poiché un albero che cade in una foresta senza nessuno che lo ascolti non fa rumore, essa non aveva forma né colore alcuno.

Allo stesso modo, non produsse alcun boato assordante quando si schiantò, né uccise dei poveri indigeni di uno sperduto villaggio di cui l'uomo bianco non conosceva l'esistenza.

La terra però tremò, e miliardi di piccoli batteri condivisero la sorte degli indigeni che non esistevano, mentre il freddo dell'universo li congelava donandoli all'eternità. La brina prese a depositarsi sull'erba schiacciata, e cristalli di ghiaccio di uno o due metri crebbero dal terreno mentre l'umidità dell'aria diventava solida in eleganti fiocchetti.

Per la prima volta, nella foresta pluviale sudamericana, nevicava.

Tlac. Tla-tlac.

La ruota dell'orologio gira in mezzo ai singulti, con suono strozzato.

Tlac. Tla-tlac.

È il rumore che si genera quando l'ingranaggio è consunto, ma funzionante: esprime la personalità

dell'oggetto, e alcune volte anche quella del possessore.

Tlac. Tla-tlac.

“Allora” dice una voce nel buio, profonda “Che vogliamo fare?”

Dopo alcuni minuti, dal centro del meteorite risuonò un schiocco, come di travi sofferenti che danno l'impressione di doversi spezzare. Subito dopo il macigno venne risucchiato dal suo stesso centro, scomparendo con un sonoro pop e lasciando il posto ad una figura d'uomo particolare. Indossava un ampio impermeabile beige, e dei pantaloni color terra di Siena mentre sulla testa giaceva un borsalino d'annata anch'esso marrone, sullo stile degli anni di piombo, che possedeva la capacità quasi sopranaturale di celare i contorni del viso di chi lo indossava. L'unica cosa che si riusciva a notare sul volto di quell'uomo era un ghigno beffardo e terribile stampato tra naso e mento, che non trasmetteva la calda cordialità che avrebbe dovuto suggerire un sorriso: era più una smorfia maligna di derisione. Infine, proprio appiccicata a quel solco orribile a forma di bocca stava una sigaretta accesa: l'uomo la prese tra le dita, e soffiando liberò volute di fumo dalle narici , che voluttuose scomparirono nell'aria.

Quindi, tranquillamente, prese ad avanzare.

Maximus Willer si alzò dal letto con una profonda malinconia nello sguardo: odiava lasciare il mondo dei sogni. Forse era dovuto al fatto che la sua realtà gli faceva schifo, forse al fatto che solo in quei regni onirici si sentiva veramente vivo. Forse era solo un volere ciò che non poteva avere. Ciononostante si vestì in fretta, mangiò velocemente e corse al lavoro chiudendo la porta del suo piccolo appartamento. Anche il traffico complottava contro di lui: i taxi erano tutti imbottigliati in una coda mostruosa, e lo sfavillante edificio acciaio e vetro dell'Enterprise Solutions era a venti isolati da casa sua. Si ritrovò a dover prendere la metro, un mezzo che odiava poiché lo costringeva a stare a contatto con gente sgradevole, che non lo gradiva. Non erano le massaie irritate, ne i vecchietti lamentosi pieni d'acciacchi, ne tanto meno i ragazzini petulanti a provocargli la nausea che lo colpiva come un tir ogni volta che si sedeva sugli scomodi sedili del vagone sotterraneo. Erano gli affaristi di bassa categoria che Maximus non riusciva a sopportare: privi di mezzi propri e di sostanziali ricchezze, ma tuttavia convinti di essere superiori alla gente “comune”. Era il loro lavoro, dicevano, che faceva circolare il denaro: come se far girare qualche milione per conto d'altri fosse la cosa più importante del mondo, e stare vicino ai grossi capitali potesse renderli migliori! Ma in realtà, quale che fosse il lavoro con cui campavano, erano sempre e solo semplici uomini e donne, ne migliori ne peggiori degli altri sette miliardi che abitavano il mondo: eppure quella gente si sentiva obbligata da qualche ordine superiore a fissarti d'alto in basso, catalogando tutti i tuoi difetti e schedandoti come inferiore. Quando giunse alla sua fermata, Maximus fu grato a qualsiasi divinità in ascolto per la sua grazia e la sua benevolenza: finita la sua preghiera mentale, spinse la porta a vetri ed entro nella torre sfavillante dell'Entreprise Solutions.

Tlik-tlack

L'ingranaggio infine si sbloccò con un sonoro scok, e l'orologio tornò a posto. L'uomo si sedette sulla sedia in stile coloniale alle sue spalle: le pareti del negozio erano ricoperte di ninnoli e cianfrusaglie varie che davano nel complesso una sensazione di caotico vuoto al centro della stanza.

Era come se un anima in pena avesse disposto lungo gli scaffali polverosi file e file di spettri caleidoscopici e sofferenti, facendo però attenzione che ogni cosa fosse occultata dalla prima schiera di bamboline e teschi di ceramica e incensi. Una sensazione di pesante sofferenza aleggiò nella stanza mentre il vecchio dischiudeva un cassetto, ben occultato nella modesta scrivania in formica rigida dagli spigoli sbeccati. Lentamente estrasse una scatola di pero con un lucchetto di un metallo indefinito pesantemente decorato, che riusciva ad attirare l'attenzione anche in quella stanza piena di stranezze.

“Allora,“ esordì il vecchio, rivolto al suo interlocutore “ti ho chiesto cosa intendi fare.”

L'uomo nella penombra non rispose subito, ma dopo qualche minuto sussurò:

“Credo che tu sappia cosa farò”

“Non essere stupido!” sbuffò l'anziano “ E' ovvio che io sappia ciò che vuoi fare: te l'ho chiesto perché devi esserne sicuro anche tu. Quindi ti ripeto la domanda: che cosa intendi fare?”

L'uomo, dal suo piccolo angolo scuro, non esitò nemmeno un momento: “Tutto ciò che servirà”

Il vecchio sorrise.

“Non chiedo di meglio” disse, porgendo all'altro la scatola.

La repubblica di nuova formazione degli stati sudamericani era appena uscita dalla Guerra delle Libertà, quando i primi problemi vennero alla luce con violenza: la povertà, la disoccupazione, le malattie, le violenze delle forza naturali e le minacce degli stati a nord erano solo alcune delle pressanti richieste d'attenzione che assillavano la camera del senato. Ovviamente l'opinione pubblica era stata messa subito a tacere e i maggiori giornali erano sottoposti ad una attenta censura, che non risparmiava nemmeno la più insignificante inserzione o il più dubbio tra i doppi sensi. Era rinata inoltre la politica del “Mors tua vita mea” adottata dai regimi più totalitari: chi avesse fatto la spia su i possibili “ribelli”, averebbe goduto di misere gratifiche e di un aumento sulle razioni di buoni-pasto. Fu così anche la Repubblica degli Stati Sudamericani entrò di diritto a far parte di quel gruppo di buffi scherzi politici che si chiamavano repubbliche ma che mettevano a morte i cittadini senza processo per reggersi in piedi: come se non fosse abbastanza, oltre alle molteplici piaghe, alle debolezze del dopoguerra e alle minacce interne, il governo aveva un altro problema, che sebbene meno manifesto sarebbe stato ben presto molto più immediato e pressante. I primi a capire che qualcosa non andava furono il sergente Romero e il sottotenente Mirinez della stazione di smistamento informativo K-43: il sedici dicembre dello scorso anno, l'accampamento a nord denominato J-32 avrebbe dovuto comunicare il suo stato, come ogni giorno, alle ore 16:00. Non lo fece, ne quel giorno ne i successivi. Cosa che accadde anche per gli avamposti L-76 e V-12. Quando la prima squadra di controllo fece la ronda nei pressi delle tre stazioni, scomparve misteriosamente senza preavviso: il giorno successivo fu inviato il plotone Delta-Tango, e ciò che riferì il capo-spedizione è riportato qui di seguito in forma integrale:

Oggetto:Rapporto del maggiore Tiél Ramirez, capo-spedizione del plotone Delta-Tango

Data: 3/1/

Numero: 234-BIS

Nella data odierna, in conseguenza agli ordini impartiti dal quartier generale sotto il comando dell'onorevole Juan Dìaz Sagrado, il plotone Delta-Tango, guidato dal sottoscritto maggiore Tiél Ramirez, ha compiuto un azione di ricognizione e salvataggio nel settore BRAVO[22] negli avamposti:

*J-32;

*L-76;

*V-12.

Il file dell'operazione è situato negli archivi statali E-34, sezione 12-54-12, sottosezione 9-BIS: nome in codice dell'operazione “Coda di fenice”.

Alle 9:00 l'intero plotone è entrato in contatto con la stazione K-43 per rifornimenti e chiarimenti rispetto alle direttive di missione: qui il sotto tenente Mirinez ha informato gli uomini dei fatti relativi alle date 16-17-18-19/12/ .

Dopo la comunicazione dei dati di servizio, l'intero plotone si è mosso alla volta dell'avamposto più vicino, il J-32: il complesso presentava parecchi danni, i muri erano sfondati o crollati, mentre alcuni veicoli erano come smembrati. I soldati di istanza a J-32 erano tutti morti, per la maggior parte a causa della rimozione di uno o più arti. I corpi erano in avanzato stato di decomposizione, il che fa supporre che il momento della morte coincida approssimativamente con l'interruzione delle trasmissioni.

L'intero complesso era attraversato da una scia di devastazione che seguiva una linea retta: il percorso proveniva dalla radura ad est dell'avamposto, proseguendo nella boscaglia a ovest, la quale era disseminata di alberi caduti e tronchi spezzati proprio in prossimità della suddetta linea.

Dopo la ricognizione tutti gli uomini sono stati ricondotti alla stazione K-43, per il riposo e la cena. L'operazione non proseguirà oltre, questo ad adito di due motivi:

*gli uomini sono troppo spaventati per proseguire;

*gli avamposti L-76 e V-12 sono in linea retta rispetto all'accampamento J-32, e i fatti a cui oggi ho assistito mi convincono a credere di sapere già il motivo per cui le comunicazioni si sono interrotte.

Terminato quindi il rapporto, mi rimetto all'autorità del quartier generale, a cui tuttavia consiglio di far sgomberare i centri L-98 e F-19, entrambi connessi agli altri da una linea retta.

Maggiore Tièl Ramirez

La foresta, antica quanto il mondo, in genere era silenziosa. Ma in essa non regnava il silenzio comune, che si ottiene quando mancano i suoni: era, invece, quel silenzio più raro che può nascere solo dal tentativo di non fare alcun rumore. Quella quiete, così densa e compatta, nasceva dal desiderio di vivere che anima tutte le creature: ognuna di esse infatti, doveva nascondersi sia dalle prede che dai predatori. La vita era una gara d'astuzia, in cui nemmeno il più feroce giaguaro poteva permettersi di essere troppo spavaldo.

Eppure, in quel momento, nella foresta regnava un silenzio ancora diverso: quello che nasce dal terrore, quando la preda sa di essere stata scovata, e si nasconde nella speranza che il predatore si dimentichi della sua esistenza. In quell'innaturale vuoto sonoro, qualcosa di terribilmente innaturale procedeva in linea retta, trapassando ogni masso posto sulla sua strada ed abbattendo ogni albero che avesse avuto la sfortuna di essere cresciuto lungo il suo percorso . Nessuna belva, nemmeno la più feroce, tentava di assalire quello che, in altri contesti, sarebbe stato niente più che un bocconcino di ristoro tra una pasto e l'altro.

Niente fermava l'uomo con l'impermeabile, che con passo svelto e tranquillo procedeva terrorizzando pappagalli e licaoni, iguane e rospi, toporagni e moffette. Nessuna animale era sfiorto dal pensiero di aggredire quel tenebroso sconosciuto, perchè essi vedevano con più viste di quelle che hanno gli uomini, e quindi erano in grado di capire chi fosse realmente. Eppure, ad un tratto, un giovane giaguaro saltò dai rami più alti di un gigantesco albero, tentando di balzare sulle spalle di quell'essere fuori posto: con uno schiocco sonoro, la testa gli si staccò dal busto e ruzzolò al suolo con un tonfo, mentre il tronco perse la spinta e crollò come una marionetta dai fili tagliati. Qunado la testa toccò il terreno, gli occhi del giaguaro riuscirono ad intravedere le spalle di un serafico uomo con l'impermeabile che continuava ad avanzare in linea retta. Un pensiero attraversò come un fulmine la mente del felino, mentre gli ultimi sprazzi di vita andavano a cristallizzarsi ai lati del suo cervello.

Non si era girato. Non si era nemmeno girato!

Quando anche l'ultima cellula della giovane belva si spense, l'uomo con l'impermeabile era ormai arrivato al limitare della giungla, dove senza motivo cominciava il deserto: era come se qualcuno avesse accostato senza criterio alberi lussureggianti ed una landa brulla e desolata, sferzata dai rapaci raggi del sole. Il calore colpiva con la stessa violenza di una mazza ferrata il corpo dell'uomo, mentre torride folate di vento facevano sventolare le ampie falde del soprabito. Si girò un ultima volta per contemplare la natura lussureggiante alle sue spalle, quindi con uno sbuffo di fumo oleoso si staccò la sigaretta dal ghigno, facendo si che della cenere si depositasse al suolo: il baluginio delle scintille presto divenne il serpeggiare delle fiamme, e avvolse tutta la foresta divorando i tronchi centenari. Incurante dell'inferno alle sue spalle , l'impermeabile si incamminò nell'inferno davanti a lui.

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

io ho scritto direttamente una storia :D

Ma vorrei che fosse disegnata da qualcuno per trarne un fumetto :D

CAPITOLO I

“Solo un altro giorno”

All'inizio, era il caos. Profondo, oscuro e totale. Materia grezza si cristallizzava ai lati dell'universo, mentre ondate di Tempo fluivano dal rubinetto della creazione.

Caos. Elettricità nell'aria. Calore nelle vene. Era la vita, quella vera, che si spandeva come cioccolata per tutto il creato.

Poi, dopo un breve momento, il cosmo si riscosse: e così apparvero le Leggi. In un lampo fu l'Ordine, penetrante come una coltellata e freddo come l'acciaio: costrinse con gran forza pianeti a roteare, i soli a brillare e le galassie ad aggregarsi.

Ma qualcosa era rimasto: il Caos non era scomparso. Si era solo frammentato, per lasciare posto al fratello invadente. Cosicché, in ogni singola parte dell'universo, il Caos attendeva, manifestandosi sotto varie forme. Non aspettava altro che un momento, per liberarsi dalle catene e ribellarsi al suo caro fratellino, seduto sul trono traballante di re dell'universo.

Dopotutto, il dominio del cosmo è una questione di forza.

La perenne notte spaziale è nota per essere fredda in un modo sconcertante: appena tre gradi sopra lo zero assoluto! Eppure, in questa tremenda oscurità gelida, un piccolo pianeta chiamato Terra è riscaldato da una minuscola stella detta Sole. Questa palla di fango e roccia è famosa soprattutto per i tentativi che compie nell'esportazione di spazzatura: è risaputo, infatti, che attorno al campo gravitazionale terrestre passeggia una quantità di rifiuti superiore ai milioni di tonnellate. Questi rifiuti, forse colpiti da una forma di acuta nostalgia, finiscono spesso per ricadere a terra attratti dalla gravità: ciò significa che quasi tutte le notti è possibile vedere nel cielo luci sfolgoranti che attraversano la sfera celeste, benché nelle grandi città siano invisibili a causa dell'inquinamento luminoso. Nei luoghi più elevati ed isolati, però, le notti sono un viavai di linee fiammeggianti ed improvvise, che meravigliano quelli che non vi sono abituati, mentre d'altro canto gli osservatori abituali, di norma astronomi, non perdono certo tempo con stupidi meteoriti, ma anzi si lamentano perché questi ostruiscono loro la visuale su quella maledetta stella posizionata a Cosb¼ radianti che tentano di vedere da un mese a questa parte. Così, tra una meraviglia e un amarezza, nessuno si accorse che il pianeta stava per entrare in contatto con una meteora alquanto singolare: innanzitutto non bruciava, e ciò è perlomeno sospetto, specie se sei lanciato a più di duemila miglia orarie e ti stai velocemente sfregando a morte contro un solido muro d'aria. In secondo luogo, chiunque lo avesse fissato per più di un secondo si sarebbe ritrovato con un mal di testa da record: pareva quasi che l'oggetto avesse più vertici che lati, e che nella fattispecie fosse composto da tutti i colori, ma anche da nessuno. E in un momento sembrava una sfera perfetta, poi un quadrilatero, infine una figura inesprimibile.

Ma poiché nessuno l'aveva vista, e poiché un albero che cade in una foresta senza nessuno che lo ascolti non fa rumore, essa non aveva forma né colore alcuno.

Allo stesso modo, non produsse alcun boato assordante quando si schiantò, né uccise dei poveri indigeni di uno sperduto villaggio di cui l'uomo bianco non conosceva l'esistenza.

La terra però tremò, e miliardi di piccoli batteri condivisero la sorte degli indigeni che non esistevano, mentre il freddo dell'universo li congelava donandoli all'eternità. La brina prese a depositarsi sull'erba schiacciata, e cristalli di ghiaccio di uno o due metri crebbero dal terreno mentre l'umidità dell'aria diventava solida in eleganti fiocchetti.

Per la prima volta, nella foresta pluviale sudamericana, nevicava.

Tlac. Tla-tlac.

La ruota dell'orologio gira in mezzo ai singulti, con suono strozzato.

Tlac. Tla-tlac.

È il rumore che si genera quando l'ingranaggio è consunto, ma funzionante: esprime la personalità

dell'oggetto, e alcune volte anche quella del possessore.

Tlac. Tla-tlac.

“Allora” dice una voce nel buio, profonda “Che vogliamo fare?”

Dopo alcuni minuti, dal centro del meteorite risuonò un schiocco, come di travi sofferenti che danno l'impressione di doversi spezzare. Subito dopo il macigno venne risucchiato dal suo stesso centro, scomparendo con un sonoro pop e lasciando il posto ad una figura d'uomo particolare. Indossava un ampio impermeabile beige, e dei pantaloni color terra di Siena mentre sulla testa giaceva un borsalino d'annata anch'esso marrone, sullo stile degli anni di piombo, che possedeva la capacità quasi sopranaturale di celare i contorni del viso di chi lo indossava. L'unica cosa che si riusciva a notare sul volto di quell'uomo era un ghigno beffardo e terribile stampato tra naso e mento, che non trasmetteva la calda cordialità che avrebbe dovuto suggerire un sorriso: era più una smorfia maligna di derisione. Infine, proprio appiccicata a quel solco orribile a forma di bocca stava una sigaretta accesa: l'uomo la prese tra le dita, e soffiando liberò volute di fumo dalle narici , che voluttuose scomparirono nell'aria.

Quindi, tranquillamente, prese ad avanzare.

Maximus Willer si alzò dal letto con una profonda malinconia nello sguardo: odiava lasciare il mondo dei sogni. Forse era dovuto al fatto che la sua realtà gli faceva schifo, forse al fatto che solo in quei regni onirici si sentiva veramente vivo. Forse era solo un volere ciò che non poteva avere. Ciononostante si vestì in fretta, mangiò velocemente e corse al lavoro chiudendo la porta del suo piccolo appartamento. Anche il traffico complottava contro di lui: i taxi erano tutti imbottigliati in una coda mostruosa, e lo sfavillante edificio acciaio e vetro dell'Enterprise Solutions era a venti isolati da casa sua. Si ritrovò a dover prendere la metro, un mezzo che odiava poiché lo costringeva a stare a contatto con gente sgradevole, che non lo gradiva. Non erano le massaie irritate, ne i vecchietti lamentosi pieni d'acciacchi, ne tanto meno i ragazzini petulanti a provocargli la nausea che lo colpiva come un tir ogni volta che si sedeva sugli scomodi sedili del vagone sotterraneo. Erano gli affaristi di bassa categoria che Maximus non riusciva a sopportare: privi di mezzi propri e di sostanziali ricchezze, ma tuttavia convinti di essere superiori alla gente “comune”. Era il loro lavoro, dicevano, che faceva circolare il denaro: come se far girare qualche milione per conto d'altri fosse la cosa più importante del mondo, e stare vicino ai grossi capitali potesse renderli migliori! Ma in realtà, quale che fosse il lavoro con cui campavano, erano sempre e solo semplici uomini e donne, ne migliori ne peggiori degli altri sette miliardi che abitavano il mondo: eppure quella gente si sentiva obbligata da qualche ordine superiore a fissarti d'alto in basso, catalogando tutti i tuoi difetti e schedandoti come inferiore. Quando giunse alla sua fermata, Maximus fu grato a qualsiasi divinità in ascolto per la sua grazia e la sua benevolenza: finita la sua preghiera mentale, spinse la porta a vetri ed entro nella torre sfavillante dell'Entreprise Solutions.

Tlik-tlack

L'ingranaggio infine si sbloccò con un sonoro scok, e l'orologio tornò a posto. L'uomo si sedette sulla sedia in stile coloniale alle sue spalle: le pareti del negozio erano ricoperte di ninnoli e cianfrusaglie varie che davano nel complesso una sensazione di caotico vuoto al centro della stanza.

Era come se un anima in pena avesse disposto lungo gli scaffali polverosi file e file di spettri caleidoscopici e sofferenti, facendo però attenzione che ogni cosa fosse occultata dalla prima schiera di bamboline e teschi di ceramica e incensi. Una sensazione di pesante sofferenza aleggiò nella stanza mentre il vecchio dischiudeva un cassetto, ben occultato nella modesta scrivania in formica rigida dagli spigoli sbeccati. Lentamente estrasse una scatola di pero con un lucchetto di un metallo indefinito pesantemente decorato, che riusciva ad attirare l'attenzione anche in quella stanza piena di stranezze.

“Allora,“ esordì il vecchio, rivolto al suo interlocutore “ti ho chiesto cosa intendi fare.”

L'uomo nella penombra non rispose subito, ma dopo qualche minuto sussurò:

“Credo che tu sappia cosa farò”

“Non essere stupido!” sbuffò l'anziano “ E' ovvio che io sappia ciò che vuoi fare: te l'ho chiesto perché devi esserne sicuro anche tu. Quindi ti ripeto la domanda: che cosa intendi fare?”

L'uomo, dal suo piccolo angolo scuro, non esitò nemmeno un momento: “Tutto ciò che servirà”

Il vecchio sorrise.

“Non chiedo di meglio” disse, porgendo all'altro la scatola.

La repubblica di nuova formazione degli stati sudamericani era appena uscita dalla Guerra delle Libertà, quando i primi problemi vennero alla luce con violenza: la povertà, la disoccupazione, le malattie, le violenze delle forza naturali e le minacce degli stati a nord erano solo alcune delle pressanti richieste d'attenzione che assillavano la camera del senato. Ovviamente l'opinione pubblica era stata messa subito a tacere e i maggiori giornali erano sottoposti ad una attenta censura, che non risparmiava nemmeno la più insignificante inserzione o il più dubbio tra i doppi sensi. Era rinata inoltre la politica del “Mors tua vita mea” adottata dai regimi più totalitari: chi avesse fatto la spia su i possibili “ribelli”, averebbe goduto di misere gratifiche e di un aumento sulle razioni di buoni-pasto. Fu così anche la Repubblica degli Stati Sudamericani entrò di diritto a far parte di quel gruppo di buffi scherzi politici che si chiamavano repubbliche ma che mettevano a morte i cittadini senza processo per reggersi in piedi: come se non fosse abbastanza, oltre alle molteplici piaghe, alle debolezze del dopoguerra e alle minacce interne, il governo aveva un altro problema, che sebbene meno manifesto sarebbe stato ben presto molto più immediato e pressante. I primi a capire che qualcosa non andava furono il sergente Romero e il sottotenente Mirinez della stazione di smistamento informativo K-43: il sedici dicembre dello scorso anno, l'accampamento a nord denominato J-32 avrebbe dovuto comunicare il suo stato, come ogni giorno, alle ore 16:00. Non lo fece, ne quel giorno ne i successivi. Cosa che accadde anche per gli avamposti L-76 e V-12. Quando la prima squadra di controllo fece la ronda nei pressi delle tre stazioni, scomparve misteriosamente senza preavviso: il giorno successivo fu inviato il plotone Delta-Tango, e ciò che riferì il capo-spedizione è riportato qui di seguito in forma integrale:

Oggetto:Rapporto del maggiore Tiél Ramirez, capo-spedizione del plotone Delta-Tango

Data: 3/1/

Numero: 234-BIS

Nella data odierna, in conseguenza agli ordini impartiti dal quartier generale sotto il comando dell'onorevole Juan Dìaz Sagrado, il plotone Delta-Tango, guidato dal sottoscritto maggiore Tiél Ramirez, ha compiuto un azione di ricognizione e salvataggio nel settore BRAVO[22] negli avamposti:

*J-32;

*L-76;

*V-12.

Il file dell'operazione è situato negli archivi statali E-34, sezione 12-54-12, sottosezione 9-BIS: nome in codice dell'operazione “Coda di fenice”.

Alle 9:00 l'intero plotone è entrato in contatto con la stazione K-43 per rifornimenti e chiarimenti rispetto alle direttive di missione: qui il sotto tenente Mirinez ha informato gli uomini dei fatti relativi alle date 16-17-18-19/12/ .

Dopo la comunicazione dei dati di servizio, l'intero plotone si è mosso alla volta dell'avamposto più vicino, il J-32: il complesso presentava parecchi danni, i muri erano sfondati o crollati, mentre alcuni veicoli erano come smembrati. I soldati di istanza a J-32 erano tutti morti, per la maggior parte a causa della rimozione di uno o più arti. I corpi erano in avanzato stato di decomposizione, il che fa supporre che il momento della morte coincida approssimativamente con l'interruzione delle trasmissioni.

L'intero complesso era attraversato da una scia di devastazione che seguiva una linea retta: il percorso proveniva dalla radura ad est dell'avamposto, proseguendo nella boscaglia a ovest, la quale era disseminata di alberi caduti e tronchi spezzati proprio in prossimità della suddetta linea.

Dopo la ricognizione tutti gli uomini sono stati ricondotti alla stazione K-43, per il riposo e la cena. L'operazione non proseguirà oltre, questo ad adito di due motivi:

*gli uomini sono troppo spaventati per proseguire;

*gli avamposti L-76 e V-12 sono in linea retta rispetto all'accampamento J-32, e i fatti a cui oggi ho assistito mi convincono a credere di sapere già il motivo per cui le comunicazioni si sono interrotte.

Terminato quindi il rapporto, mi rimetto all'autorità del quartier generale, a cui tuttavia consiglio di far sgomberare i centri L-98 e F-19, entrambi connessi agli altri da una linea retta.

Maggiore Tièl Ramirez

La foresta, antica quanto il mondo, in genere era silenziosa. Ma in essa non regnava il silenzio comune, che si ottiene quando mancano i suoni: era, invece, quel silenzio più raro che può nascere solo dal tentativo di non fare alcun rumore. Quella quiete, così densa e compatta, nasceva dal desiderio di vivere che anima tutte le creature: ognuna di esse infatti, doveva nascondersi sia dalle prede che dai predatori. La vita era una gara d'astuzia, in cui nemmeno il più feroce giaguaro poteva permettersi di essere troppo spavaldo.

Eppure, in quel momento, nella foresta regnava un silenzio ancora diverso: quello che nasce dal terrore, quando la preda sa di essere stata scovata, e si nasconde nella speranza che il predatore si dimentichi della sua esistenza. In quell'innaturale vuoto sonoro, qualcosa di terribilmente innaturale procedeva in linea retta, trapassando ogni masso posto sulla sua strada ed abbattendo ogni albero che avesse avuto la sfortuna di essere cresciuto lungo il suo percorso . Nessuna belva, nemmeno la più feroce, tentava di assalire quello che, in altri contesti, sarebbe stato niente più che un bocconcino di ristoro tra una pasto e l'altro.

Niente fermava l'uomo con l'impermeabile, che con passo svelto e tranquillo procedeva terrorizzando pappagalli e licaoni, iguane e rospi, toporagni e moffette. Nessuna animale era sfiorto dal pensiero di aggredire quel tenebroso sconosciuto, perchè essi vedevano con più viste di quelle che hanno gli uomini, e quindi erano in grado di capire chi fosse realmente. Eppure, ad un tratto, un giovane giaguaro saltò dai rami più alti di un gigantesco albero, tentando di balzare sulle spalle di quell'essere fuori posto: con uno schiocco sonoro, la testa gli si staccò dal busto e ruzzolò al suolo con un tonfo, mentre il tronco perse la spinta e crollò come una marionetta dai fili tagliati. Qunado la testa toccò il terreno, gli occhi del giaguaro riuscirono ad intravedere le spalle di un serafico uomo con l'impermeabile che continuava ad avanzare in linea retta. Un pensiero attraversò come un fulmine la mente del felino, mentre gli ultimi sprazzi di vita andavano a cristallizzarsi ai lati del suo cervello.

Non si era girato. Non si era nemmeno girato!

Quando anche l'ultima cellula della giovane belva si spense, l'uomo con l'impermeabile era ormai arrivato al limitare della giungla, dove senza motivo cominciava il deserto: era come se qualcuno avesse accostato senza criterio alberi lussureggianti ed una landa brulla e desolata, sferzata dai rapaci raggi del sole. Il calore colpiva con la stessa violenza di una mazza ferrata il corpo dell'uomo, mentre torride folate di vento facevano sventolare le ampie falde del soprabito. Si girò un ultima volta per contemplare la natura lussureggiante alle sue spalle, quindi con uno sbuffo di fumo oleoso si staccò la sigaretta dal ghigno, facendo si che della cenere si depositasse al suolo: il baluginio delle scintille presto divenne il serpeggiare delle fiamme, e avvolse tutta la foresta divorando i tronchi centenari. Incurante dell'inferno alle sue spalle , l'impermeabile si incamminò nell'inferno davanti a lui.

Muoviti a scrivere il continuo, mi piace come ti esprimi :sisi:

Solo dividerei in più parti, non so quanta gente sarà coraggiosa come me e leggerà tutto :asd:

Inoltre (come sto facendo io) opterei per un tipo di testo più semplice: nonostanti io ADORI questo stile, che oscilla tra fantasia e realtà, molti potrebbero non comprenderlo fino in fondo ... Bah, tra poco rilascio l'ep. 1 e mi dici :3

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Muoviti a scrivere il continuo, mi piace come ti esprimi :sisi:

Solo dividerei in più parti, non so quanta gente sarà coraggiosa come me e leggerà tutto :asd:

Inoltre (come sto facendo io) opterei per un tipo di testo più semplice: nonostanti io ADORI questo stile, che oscilla tra fantasia e realtà, molti potrebbero non comprenderlo fino in fondo ... Bah, tra poco rilascio l'ep. 1 e mi dici :3

Veramente io ho già scritto i capitoli fino al tre :)

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Veramente io ho già scritto i capitoli fino al tre :)

allora postali che la storia è abbastanza interessante anche se è scritta in maniera non saprei come dire un po' troppo prolissa (non so se è proprio la parola giusta )

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

allora postali che la storia è abbastanza interessante anche se è scritta in maniera non saprei come dire un po' troppo prolissa (non so se è proprio la parola giusta )

Finchè non saranno perfetti, rifiniti e migliorati, io non posto niente,

Questa per me è la Storia, la sto scrivendo da una vita :D

Per lo stile, mi rendo conto di essere ridondante con tendenze all'arcaico, ma questo esige il modello, e questo ottiene XD

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

×
×
  • Crea Nuovo...

Important Information

We have placed cookies on your device to help make this website better. You can adjust your cookie settings, otherwise we'll assume you're okay to continue.